Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin
Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

Spiralis Mirabilis Magazine

武術與中國文化 - Arti marziali e cultura tradizionale cinese

Maurizio Paolillo, il Dao e il Taiji

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

Pagina pubblicata in data 31 ottbre 2023
Aggiornata il 31 dicembre 2024

In evidenza

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

Scarica il nuovo numero di Spiralis Mirabilis, la rivista 100% gratuita dedicata al Taiji Quan ed al Qi Gong clicca qui

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

Acquista il libro dedicato al senso sulla pratica del Taiji Quan Una tamerice in attesa della sua primavera

In questo articolo racconto l’incontro con Maurizio Paolillo, professore associato di filologia cinese e lingua cinese presso il dipartimento di Asia, Africa e Mediterraneo dell’Università di Napoli "L’Orientale".

Ho avuto il piacere di intervistarlo e di soffermarmi con lui su un tema davvero importante per qualsiasi persona che pratica 太極拳 tàijí quán: il daoismo.

Un colloquio non facile, per la complessità di un argomento, che spesso è approcciato (da chi pratica arti marziali) in modo "superficiale", attraverso le informazioni reperite sul web o da autori marziali che non hanno approfondito il fenomeno del daoismo.

Questa intervista esce a distanza di ben un anno dall’incontro con il professore. Il motivo? La promessa di far uscire l’intervista stessa con la nuova edizione del 道德經 dàodéjīng che nei giorni in cui l’ho intervistato stava preparando.

A ottobre 2023, finalmente, la sua edizione per Giunti è uscita. Ecco, la promessa è stata mantenuta.

Il primo grande "problema" a cui il professor Paolillo è andato in contro quando ha affrontato la sfida di scrivere una monografia sul daoismo, sfida che nel 2014 lo ha portato a pubblicare il volume "Il daoismo – Storia, dottrina, pratiche" edito da Carocci Editore, è la medesima che deve affrontare una qualsiasi persona occidentale che si avvicina per la prima volta al daoismo.

Più di ogni altra realtà tradizionale, il daoismo tende a presentarsi in modo sfuggente a un occhio occidentale. Un mondo apparentemente "confuso", estremamente articolato. Si tratta, ovviamente, più di un problema di percezione da parte di noi occidentali, che un problema della cultura cinese dove è nato.

Noi occidentali del daoismo, inizialmente, abbiamo intercettato la "superstizione popolare" condita da alcuni elementi di "religione". Non avendo noi a disposizione gli strumenti per interpretarli, non conoscendo i testi di riferimento, non conoscendo la profondità delle liturgie a cui assistevamo, si sono create le condizioni per generare nella cultura occidentale equivoci e confusione su tale tradizione.

Maspero e Granet

Un approccio "scientifico" allo studio del daoismo inizia con la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo. Alcuni ricercatori come Henri Maspero (1882 – 1945) e Marcel Granet (1884 – 1940) hanno iniziato ad approfondire la conoscenza della lingua cinese e della dimensione “religiosa” della Cina.

Granet, nonostante non si recò mai in Cina, scrisse delle opere importanti per l’epoca. Fu poi grazie al lavoro svolto da Maspero che il daoismo emerse dalla "nebbia", dalla "confusione", in cui "giaceva".

Grazie alla ricerca sinologica approfondita e alla ricerca condotta sul campo da Maspero il daoismo inizò ad assumere una dignità tale da essere considerato un degno oggetto di studio.

Il suo lavoro rese il daoismo più affascinante, ma allo stesso tempo, anche un fenomeno molto più complesso da analizzare.

Il lavoro condotto dai differenti studiosi a cavallo fra Ottocento e Novecento porta alla nascita delle due etichette che ancora oggi lo contraddistinguono. Da un lato quella di "religione" e dall’altro lato quella di “filosofia”.

Etichette che non sono sufficienti a definire il "fenomeno" del daoismo nella sua interezza e complessità. Sono, infatti, due coperte troppo corte.

In lingua cinese esistono due termini, 道教 dàojiào e 道家 dàojiā. La prima, daojiao, è tradotta con "dottrina del Dao" e spesso è vista come la parte "religiosa" del daoismo. Mentre la seconda, daojia, è tradotta come "scuola della dottrina del Dao", ed è spesso vista come la parte filosofica del daoismo. In realtà sia la traduzione della prima parola che della seconda parola sono fuorvianti.

Il professor Paolillo è riuscito a illustrarmi il significato di questi due termini con parole semplici, tipiche di quelle persone che arrivano a dominare un argomento tanto da poterlo presentare in modo semplice e chiaro.

Daojiao

La parola daojiao è traducibile in italiano con la parola daoismo. Con questa parola si deve comprendere che si indica un "fenomeno culturale" che racchiude al suo interno sia riflessioni filosofiche sull’esistenza umana, sia un’ampia gamma di riti con valenza spirituale e non spirituale, sia una riflessione su una dimensione spirituale della vita terrena e della vita ultraterrena, sia una riflessione sull’origine di tutte le cose.

Noi occidentali, ad esempio, distinguiamo la pratica religiosa di un credente cristiano da quello che è lo studio da parte di una persona non credente della filosofia cristiana, portatrice di valori che possono essere vissuti non solo in modo laico, ma anche privi di una connessione con la dimensione religiosa. Mentre agli occhi di una persona cinese, di una persona che pratica il daoismo, questo tipo di distinzione fra tutti questi aspetti non è necessaria (a riguardo puoi leggere l'articolo "I tre insegnamenti").

Quando il professore era un giovane studente universitario, i suoi studi erano fortemente influenzati da questa visione dualistica "religione / filosofia", che per tutti gli anni Ottanta e Novanta era assolutamente comune. Questa "separazione" poneva dei limiti allo studio del daoismo, perché quest’ultimo veniva indagato con etichette tipicamente occidentali che non riuscivano e non riescono tutt’ora a descrivere il daoismo nella sua interezza.

Daojia

La parola daojia non va a distinguere una "corrente filosofica" da un aspetto "religioso" del daoismo. Né indica una "scuola di pensatori strutturata", ma va a indicare più semplicemente quelle figure che hanno contribuito con il proprio "lavoro" allo studio e alla diffusione del daoismo, come le figure di 老子 lǎozi e di 莊子 zhuāngzi.

Soffermarsi sulla figura di Laozi mi ha permesso di approfondire il lavoro del professor Paolillo, una nuova traduzione per Giunti di uno dei libri più enigmatici che la cultura cinese ha prodotto: il 道德經 dàodé jīng, che il professore mi informa dovrebbe essere disponibile per la fine del 2023 (questa intervista è stata realizzata nel novembre del 2022). L'uscita del libro lo scorso 18 ottobre ha permesso la pubblicazione di questa intervista.

Il Daodejing è il testo più tradotto al mondo dopo la Bibbia. Si tratta di un libro che per la natura della lingua cinese "classica" è estremamente breve e, soprattutto, per il suo contenuto, è estremamente enigmatico.

Il Daodejing è un libro che raccoglie per iscritto gli insegnamenti che furono trasmessi per via orale per molto tempo. Molti termini utilizzati nascondono un retroterra legato al rapporto che c’era fra il maestro e il discepolo. Un rapporto che ci sfugge e che probabilmente non ci sarà mai data la possibilità di svelarlo. Senza contare che, quando il Daodejing fu redatto (o almeno nella sua prima forma manoscritta, risalente al IV secolo a.C.), i libri erano costituiti da canne di bambù tagliate longitudinalmente a metà e legate fra loro. Nel corso del tempo i materiali che legavano le listarelle di bambù si deterioravano e poteva succedere che le canne di bambù venivano riassemblate nell’ordine sbagliato. Questo ha contribuito ulteriormente all'ermeticità del testo.

Nel Daodejing ci sono ampi riferimenti, per quanto enigmatici, a pratiche di natura religiosa, a esercizi volti alla realizzazione del 道 dào, pratiche che però non sono esplicitate e che fanno riferimento a una discesa del dào nella residenza (il cuore del praticante).

Harold Roth

Sul finire degli anni Novanta, Harold Roth, con il suo lavoro "Original Tao: Inward Training (Nei-yeh) and the Foundations of Taoist Mysticism" si sofferma sul 內業 nèiyè (addestramento interiore), uno dei testi cinesi più antichi in cui si trovano descrizioni di tecniche di meditazione combinate con la respirazione e la circolazione del . Con il suo lavoro cambia totalmente la prospettiva sulla visione "dualistica" dal daoismo. Roth sostiene che il Neiye sia il testo fondamentale del primo daoismo, facendo risalire questo libro alla prima metà del IV secolo a.C.

Con questo suo lavoro ha gettato le fondamenta per una visione in cui la "filosofia" sfocia direttamente nei rituali religiosi e viceversa, creando quel ponte di collegamento che porterà all’attuale visione sul daoismo.

Le due etichette "filosofia / religione", come illustrato qualche riga prima, sono infatti insufficienti. L’aspetto "pratico" del daoismo impedisce di definirlo come una filosofia, ma allo stesso tempo è possibile definirlo come religione solo se si lasciano fuori alcuni aspetti come il particolare aspetto di trasmissione orale delle conoscenze fra maestro e discepolo, un aspetto spesso "quasi privato". Una trasmissione orale, composta da rituali, da una liturgia, che spesso non è presente nel canone daoista, cioè nella grande raccolta di testi daoisti oggi a nostra disposizione.

Il cuoco Ding

Bisogna stare attenti a interpretare questa relazione "privata" di trasmissione orale da maestro a discepolo come qualcosa di elitario. La trasmissione, infatti, non è appannaggio solo dei membri dell’aristocrazia o di una specifica classe sociale. Il daoismo è pieno di riferimenti a persone che hanno realizzato il Dao che appartengono a classi sociali fra loro molto differenti. A riguardo, ad esempio, c’è un famoso aneddoto raccontato nel classico daoista Zhuangzi che vede protagonista il cuoco dīng, che è intento a tagliare un bue per preparare un pasto per 文惠 wénhuì re di wèi. Il re osservando il cuoco si meraviglia dell’abilità di quest’ultimo nel tagliare la carne. Il cuoco risponde al re che nello svolgere il proprio compito ricerca "semplicemente" il Dao.

"All’inizio, quando ho cominciato questo lavoro, non vedevo che buoi; nel giro di tre anni, non vedevo più il bue. Ora non vedo più l’animale con gli occhi, ma lo percepisco con lo spirito. Il mio coltello si affida alle linee della conformazione naturale: taglia lungo i grandi interstizi, si lascia guidare dalle cavità principali, non sfiora mani nervi o tendini, né mai scalfisce le ossa. Un cuoco normale consuma un coltello al mese, un buon cuoco consuma un coltello all’anno: il coltello del vostro servo è stato usato per diciannove anni, ha macellato migliaia di buoi, ma la sua lama è come nuova."

Una perfetta descrizione di quello che qualsiasi persona che pratica arti marziali dovrebbero aver interiorizzato, cioè il concetto espresso dalla parola 功夫 gōngfū (parola spesso fraintesa).

Riti

La ricerca del Dao, la realizzazione personale, avviene attraverso una ritualità, un rito sacro che non è pubblico, è interiore, personale, privato e per questa sua natura non è paragonabile, ad esempio, al rito cristiano.

Il daoismo prevede anche forme rituali perché un’intera Comunità possa ottenere dei benefici. Esistono, infatti, templi dove possono svolgersi rituali che vedono coinvolta l’intera Comunità o dove il singolo può svolgere le proprie pratiche "private".

Templi in cui possono essere presenti le icone di tre figure fondamentali del daoismo, figure che possono apparire come delle divinità, ma che sono di fatto le tre manifestazioni del Dao. Figure che sono conosciute come i "tre puri", i 三清 sānqīng. Il "puro di giada", 玉清 yùqīng, sovrano del Cielo, il "puro superiore", 上清 shàngqīng, regolatore dell’alternanza cosmica fra yīn, yáng e il flusso del tempo e il "grande puro", 太清 tàiqīng, conosciuto anche come 太上老君 tài shàng lǎo jūn, lo stesso Laozi predicatore della dottrina salvifica. Manifestazioni del Dao. Come descritto nel capitolo 42 del Daodejing, "uno ha prodotto due; due hanno prodotto tre; tre hanno prodotto i diecimila esseri."

In tutto questo, i templi, che ruolo avevano e hanno oggi?

I templi

I templi erano dei veri e propri centri culturali, delle vere e proprie "scuole" per le comunità che si raccoglievano all’interno di queste ultime. Luoghi che a partire dal 1898, con le prime riforme dell’impero mancese, e con la successiva repubblica di Cina nata il 1° gennaio 1912 che introduce le università di "stile occidentale", subiscono un vero e proprio "smantellamento" del loro essere centri di diffusione del daoismo.

Con la presa del potere, il comunismo farà il resto nel ridurre ai minimi termini, se non nel "cancellare", la loro essenza.

Oggi i templi presenti nella Repubblica Popolare Cinese sono sotto il controllo del Governo di Pechino. Mentre i maestri daoisti "liberi" dall’influenza di Pechino si possono trovare a 臺灣 táiwān. Anche l’Italia ospita un importante centro daoista, la "chiesa daoista d’Italia", che ha iniziato la sua attività nel 1993 a Caserta. Il prefetto della scuola ha ricevuto un riconoscimento ufficiale da un maestro dei monti 武当 wǔdāng.

Chi pratica cosa cerca?

La ricerca del Dao per la persona che pratica il daoismo è la ricerca dell’unità. Il raggiungimento dell’unità implica per la persona che segue il daoismo un ritorno a quella radice a cui tutti gli esseri tornano.

Per il daoismo l’essere umano è ingannato dal concetto di coscienza individuale. La realtà in cui vive è un’illusione di cui ogni essere umano ha bisogno per vivere la propria quotidianità. Questo inganno non deve impedire di riuscire a percepire l’unità assoluta che il Dao rappresenta.

Perché la realtà è un’illusione? È l’illusione della propria individualità, dell’essere separati dall’unità, dal tutto, cioè dal Dao.

La ricerca del Dao implica "mangiare" il proprio ego e il voler essere "protagonisti" per vedere la propria individualità valorizzata. Qualcosa che in molte scuole di arti marziali si professa con grandi parole, in particolar modo da parte di saccenti “maestri” e “maestre”, ma che nei fatti e nei comportamenti vengono abbondantemente disattese.

Il Dao non va visto come un "dio", una divinità. Per una persona, il raggiungimento del Dao, significa che fino al momento dell’estinzione corporea, quella persona non correrà più il pericolo di essere ingannato dalla realtà.

Attraverso ciò che è espresso dalla parola 功夫 gōngfū, la persona è in grado di raggiungere quello stato di unità e centralità che il Dao offre. È proprio quello stato descritto dalle parole della storia del cuoco Ding. Il raggiungimento del Dao implica il raggiungimento di una condizione definita come "motore immobile".

Cosa significa che il raggiungimento del Dao da parte di una persona implica far parte del tutto ed essere un "motore immobile"?

Quando si fa parte del tutto si è in grado di andare oltre l’illusione della realtà. Andare oltre l’illusione della realtà significa non essere più influenzati dalle opinioni, dai propri pregiudizi, ecc... Per riuscire a non essere influenzati da questi elementi è necessario essere in una situazione di "quiete", significa fare il "vuoto" dentro di sé. Questa condizione è descritta dalla parola 無爲 wúwèi.

La parola wuwei non significa esseri fermi. Essere immobili. Essere vuoti. Ma significa essere in una condizione di "calma" che permette alla persona di scegliere di "non agire". Significa non essere più influenzati dalla situazione contingente del momento, essere in qualche modo "distaccati" dall’illusione, dall’inganno della realtà, perché si è nella chiarezza data dal fatto che si è compreso di far parte del tutto e che soprattutto si è compreso che cosa è il tutto.

Lo stato di wuwei è la manifestazione da parte di un essere vivente del principio primordiale, il 無極 wújí, da cui nasce il 太極 tàijí, il supremo principio da cui nascono yīn e yáng, dai quali nascono tutte le cose. L’equilibrio fra Yin e Yang permette, poi, di ritornare al wuji. Ogni praticante di arti marziali sa che, quando si raggiunge un obiettivo, un traguardo facendo il wuwei, quel traguardo diventa un nuovo punto di partenza per raggiungere il Taiji.

Questo ce lo insegna proprio la storia del cuoco Ding, che all’inizio della sua carriera di cuoco vedeva solo l’animale, ma poi con la continua pratica, con il tempo, è arrivato a vederlo con lo "spirito".

Il cuoco Ding poteva vedere con lo "spirito" l’animale perché raggiungendo la condizione di wuwei, aveva raggiunto il Dao e, quindi, non era più soggetto all’inganno della realtà.

Non mi soffermo in questo articolo sul fatto che la parola Taiji è apparsa relativamente di recente nella storia del daoismo e che esprime un concetto trasversale ad altre religioni (su questo punto è possibile leggere l’articolo "Alla ricerca del simbolo perduto").

Questi concetti (wuwei, wuji e Taiji) sono profondamenti presenti nella pratica del 太極拳 tàijí quán.

La persona che pratica il Taiji Quan sa che prima di iniziare la pratica deve passare per la fase della "preparazione", la così detta posizione nota con il nome 預備式 yùbèi shì. Una posizione che permette di cercare il wuwei, l’unica condizione dalla quale può nascere il movimento. Movimento che poi tende all’equilibrio fra Yin e Yang, il quale porta nuovamente al wuwei o, meglio, a un nuovo livello di wuwei da cui può proseguire il percorso lunga la via del Dao.

Pratica la tua conoscenza.
實踐真知
shíjiàn zhēnzhī

Francesco Russo

NOTE SULLA TRASCRIZIONE FONETICA
Le parole in lingua cinese quando appaiono per la prima volta sono riportate in cinese tradizionale con la traslitterazione fonetica. A partire dalla seconda volta, la parola è riportata con il solo pinyin senza indicazioni degli accenti per favorire una maggiore fluidità della lettura dei testi.

BREVE PROFILO DELL'AUTORE
Francesco Russo, consulente di marketing, è specializzato in consulenze in materia di "economia della distrazione".

Nato e cresciuto a Venezia oggi vive in Riviera del Brenta. Ha praticato per molti anni kick boxing raggiungendo il grado di "cintura blu". Dopo delle brevi esperienze nel mondo del karate e del gong fu, ha iniziato a praticare Taiji Quan (太極拳tàijí quán).

Dopo alcuni anni di studio dello stile Yang (楊式yáng shì) ha scelto di studiare lo stile Chen (陳式chén shì).

Oggi studia, pratica e insegna il Taiji Quan stile Chen (陳式太極拳Chén shì tàijí quán), il Qi Gong (氣功Qì gōng) e il DaoYin (導引dǎoyǐn) nella propria scuola di arti marziali tradizionali cinesi Drago Azzurro.

Per comprendere meglio l'arte marziale del Taiji Quan (太極拳tàijí quán) si è dedicato allo studio della lingua cinese (mandarino tradizionale) e dell'arte della calligrafia.

Nel 2021 decide di dare vita alla rivista Spiralis Mirabilis, una rivista dedicata al Taiji Quan (太極拳tàijí quán), al Qi Gong (氣功Qì gōng) e alle arti marziali cinesi in generale, che fosse totalmente indipendente da qualsiasi scuola di arti marziali, con lo scopo di dare vita ad uno strumento di divulgazione della cultura delle arti marziali cinesi.

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

La rivista

ISCRIVITI A MANI COME NUVOLE - LA NOSTRA NEWSLETTER

Clicca qui

I nostri libri

Eventi e seminari di studio

Le nostre rubriche

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin
Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin
Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin
Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin
Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

Libri e film

Cultura e storia

Interviste

Pronuncia

Scuole

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

一口氣。一種武術。一個世界。
Yī kǒuqì. Yīzhǒng wǔshù. Yīgè shìjiè.

—— 龍小五

Un solo respiro. Una sola arte marziale. Un solo mondo.
—— 龍小五

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

CONTATTI
Spiralis Mirabilis

武術與中國文化 - Arti marziali e cultura tradizionale cinese
Centralino: +393515550381
E-mail: magazine@spiralismirabilis.it

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

Ⓒ2021 - | Progetto realizzato da BrioWeb C.F. e P.IVA 03853870271 | Informativa sulla privacy e sui cookie