Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin
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Spiralis Mirabilis Magazine

武術與中國文化 - Arti marziali e cultura tradizionale cinese

La poesia di epoca Tang

Spiralis Mirabilis - Rivista dedicata alle arti marziali cinesi e alla cultura tradizionale cinese con focus su Tai Chi QiGong e DaoYin

Pagina pubblicata in data 2 settembre 2024
Aggiornata il 3 settembre 2024

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Il mio primo approccio allo studio della lingua cinese è avvenuto attraverso lo studio di alcune poesie di epoca táng.

L’appuntamento con mio suocero era alle 6:00 del mattino in punto (a Pechino erano le 13:00). Lui dopo il pranzo si sedeva sulla sua poltrona, sceglieva fra le sue preferite una poesia e iniziavamo a fare un’ora di "conversazione". Un’ora in cui mi aiutava a pronunciare in modo corretto i versi della poesia.

Ho così potuto apprezzare in lingua originale la bellezza di un "fenomeno letterario" straordinario tanto quanto lo è l’opera poetica di Francesco Petrarca.

"Quando una poesia è ultimata, ce n’è abbastanza per far piangere gli spiriti" scriveva 杜甫 dù fǔ uno dei poeti di maggior spicco di questo "fenomeno letterario".

L’interesse per le poesie di epoca táng mi ha portato ad acquistare differenti libri, in particolar modo in lingua inglese, su questo argomento, fino a quando non mi sono trovato tra le mani il volume edito da Rizzoli nella sua collana Biblioteca Universale Rizzoli: "Poesia cinese dell’epoca Tang" del professor Leonardo Vittorio Arena.

Completata la lettura del volume ho cercato on-line il professore per chiedergli la disponibilità per un’intervista, che si è svolta nel febbraio di quest’anno.

Il professore, oggi in pensione, ha insegnato a lungo storia della filosofia e storia delle religioni in Cina, presso il corso di lingue orientali dell’Università di Pesaro e Urbino.

La passione per la poesia di Friedrich von Hardenberg, meglio noto con lo pseudonimo di Novalis, lo ha portato ad accostare lo studio della filosofia a quello della poesia. In particolar modo, sottolinea il professor Arena, se osserviamo la poesia cinese di epoca táng, la connessione tra filosofia e poesia è ancora più forte.

Il professore mi ha spiegato, infatti, che non è facile tracciare una linea netta per stabilire se siamo davanti a una forma letteraria esclusivamente a carattere poetico o un pensiero filosofico messo sotto forma di poesia. Anche perché nella cultura tradizionale cinese non c’è una distinzione tra queste due categorie.

Questa sorta di unità nella poesia táng è particolarmente palese. Molte poesie sono impregnate dei valori del confucianesimo e del daoismo. Molti poeti di questo periodo storico sono persone che fanno parte dell’amministrazione pubblica dello Stato, sono funzionari del Governo, che hanno dovuto superare diversi livelli di esami per raggiungere l’incarico ricoperto.

Questo non deve però trarci in inganno. Non dobbiamo avere una visione monolitica del "fenomeno" della poesia táng, anzi. Questo straordinario fenomeno culturale va visto sotto molteplici piani.

L’opera di uno dei più importanti rappresentanti della poesia táng, il poeta 李白 lǐ bái, conosciuto anche come il “poeta immortale” e noto perché spesso l’ispirazione a comporre arrivava dopo aver bevuto molto vino, è caratterizzata dalla fusione di temi come l’amicizia, l’esperienza della solitudine e il distacco dalla mondanità, la consapevolezza del trascorrere del tempo e il piacere che si può ricavare dalla semplice contemplazione della natura.

La sua opera fu per lui strumento per compenetrarsi con la realtà.

Il professore mi cita un esempio per capire questo concetto di "compenetrazione".

Mi illustra brevemente la poesia 月光飲料 yuèguāng yǐnliào in cui l’autore parla della forza del bere puro e semplice, un bere ravvivato dallo spirito della parola. "Nel bere sente l’unità delle cose con gli animali, con le piante, con le cascate, i sassi".

Allo stesso tempo questa poesia non si limita al nostro pianeta, fa un percorso "stellare", non siamo soltanto nel cielo tiān o sulla Terra , ma c’è una visione di uno spazio cosmico, quello che nella poesia buddista è il vuoto.

李白 lǐ bái sente il vuoto, e l’essenza della poesia consiste proprio nell’unità fra essere e il nulla. L’esaltazione del vino non tanto come sostanza, ma proprio come base di un rapporto migliore con il tutto. Nei dipinti coevi l’essere umano è un "piccolo puntino" all’interno di grandi panorami. A rappresentare il medesimo concetto.

L’uomo è spesso rappresentato solo, dentro una barca, con una compagna: la Natura. Il tutto è molto piè grande dell’essere umano. Noi, in quanto esseri umani abbiamo avuto il privilegio di nascere in questa meravigliosa forma, però non dobbiamo scordare che siamo quel puntino che appare nei dipinti di epoca táng e di epoca sòng.

La passione per la Cina del professor Arena deriva, come mi racconta nell’intervista, "dallo spirito del tempo [...] io ero molto giovane nel periodo della Beat Generation e noi abbiamo sentito dagli americani Jack Kerouac e Alan Ginsberg la forza della poesia dell’estremo Oriente [...] negli anni Sessanta, intorno al ’66, io ho sentito che c’era questa confluenza cosmica, non solo io, molti della mia generazione, abbiamo sentito che c’era questa unita fra filosofia e poesia della cultura cinese e anche della cultura indiana [...] abbiamo colto l’importanza della meditazione, come strumento. Se il poeta non medita, se non ha un rapporto con il proprio corpo, non può creare".

Il professore mi racconta di come le prime volte che si avvicinava alle opere di autori come Daisetsu Teitarō Suzuki dedicate al buddismo zen, o le opere di Alan Watts, gli sembrava di vivere in un "sogno".

Poi c’è stato il percorso di studio fatto presso l’Università di Urbino che lo porterà ad avvicinarsi allo studio delle lingue orientali.

Dopo aver studiato l’indiano classico, sanscrito, è passato allo studio del giapponese e, infine, al cinese. Soprattutto per il suo grande amore per il buddismo chán e il daosimo.

Questo ha portato poi il professor Arena allo studio della poesia táng.

Nonostante abbia studiato anche il cinese moderno, mi confida che la sua passione rimane il cinese classico, in particolare quello dei grandi filosofi cinesi. Di cui ha letto e tradotto differenti opere. Come ad esempio lo 莊子 zhuāngzi. Edito prima con la Mondadori e poi con la Rizzoli.

Per chi ha l’interessante di leggere i volumi del professore, oggi fuori catalogo, è possibile acquistarli tutti in formato e-book. Disponibili fra l’altro in versioni che non sono mai state stampate.

Ad esempio, l’e-book dedicato allo 莊子 zhuāngzi è in tre volumi (che seguono la divisione convenzionale di quest’opera, con i così detti capitoli interni, i capitoli esterni e la terza parte considerata "mista").

Quando insegnava ha spesso fatto delle lezioni di introduzione al cinese classico, leggendo parola per parola e commentando sia dal punto di vista grammaticale che dal punto di vista filosofico il 道德經 dàodé jīng.

L’intervista mi ha permesso di cogliere la profonda conoscenza del professore della cultura cinese classica, in particolare di quei testi che spesso citiamo, ma senza conoscerne l’essenza e la cultura che gli ha prodotti.

Una delle frasi che mi hanno colpito di più del professore è stata la seguente: "lo studio del filosofia cinese non può prescindere dalla pratica, non stiamo studiando Kant".

Per cogliere le basi del dào dobbiamo essere anche noi nell’arte, nel fare, nell’operare nel modo più pratico possibile. Ed è così anche nel buddismo chán. Noi tutti possiamo superare l’ostacolo della comprensione della filosofia cinese e della poesia cinese, se "diveniamo" noi stessi il filosofo e/o il poeta.

Perché, se non portassimo nella nostra vita, nella nostra quotidianità, ciò che la filosofia e la poesia ci insegnano, se non ci fosse fusione tra la vita e l’arte, ciò che apprendiamo non avrebbe senso.

Mentre ascoltavo incantato il professore pensavo alla mia pratica del 太極拳 tàijí quán, la quale, se non la vivessi nella mia quotidianità, se non cercassi di "compenetrarla" nella mi vita di tutti i giorni, non potrei considerarla un’arte, non potrei considerarmi un artista marziale, ma un semplice e mero esercizio fisico.

Come giustamente sottolinea il professor Arena, nella cultura tradizionale cinese lo studio di un’arte, incluse le arti marziali, non è lo studio di un sapere astratto, ma è la "compenetrazione", la fusione, di ciò che si apprende e la vita di tutti i giorni.

Bevendo al chiaro di luna

月光飲料 yuèguāng yǐnliào
李白 lǐ bái

In mezzo ai fiori con una bottiglia di vino.
Bevo da solo, senza amici né parenti.
花间一壶酒,独酌无相亲
huā jiān yī hú jiǔ, dú zhuó wū xiāngqīn

Alzo il mio calice per invitare la luna splendente,
La luna mi proietta un’ombra e ora siamo in tre.
举杯邀明月,对影成三人。
jǔ bēi yāo míngyuè, duì yǐng chéng sān rén

La luna non impara mai a bere,
La mia ombra mi segue distrattamente.
月既不解饮,影徒随我身。
yuè jì bù jiě yǐn, yǐng tú suí wǒ shēn

Tuttavia, li ho intorno a me,
I momenti dovrebbero essere vissuti così come sono.
暂伴月将影,行乐须及春。
zàn bàn yuè jiāng yǐng, xínglè xū jí chūn

Io canto e la luna mi incoraggia,
Ballo e la mia ombra mi segue sbadatamente.
我歌月徘徊,我舞影零乱。
wǒ gē yuè páihuái, wǒ wǔ yǐng língluàn

Da sobri, noi viviamo di una gioia comune;
quando poi, nell'ebbrezza, ciascuno si disperde.
醒时相交欢,醉后各分散。
xǐng shí tóng jiāohuān, zuì hòu gè fēn sàn

Tale comunione durerà nonostante le nostre strade separate,
Solo il cielo sa quando ci riuniremo di nuovo.
永结无情游,相期邈云汉。
yǒng jié wú qíng yóu, xiāng qī miǎo yún hàn

Questa poesia mostra la solitudine e la sofferenza del poeta, costretto a passare la notte senza amici né parenti. Per sentirsi meno solo, l’autore cerca conforto nel paesaggio circostante, invitando la luna (nella cultura cinese simbolo di unione con le persone care) e la sua ombra a festeggiare con lui. Nonostante la situazione di delusione ed emarginazione, il poeta cerca comunque di affrontare la vita in maniera positiva. La poesia si conclude con l’immagine dell’io lirico teso con lo sguardo verso il cielo; quando morirà, lui e il cielo potranno finalmente riunirsi di nuovo.

Pratica la tua conoscenza.
實踐真知
shíjiàn zhēnzhī

Francesco Russo

BREVE PROFILO DELL'AUTORE
Francesco Russo, consulente di marketing, è specializzato in consulenze in materia di "economia della distrazione".

Nato e cresciuto a Venezia oggi vive in Riviera del Brenta. Ha praticato per molti anni kick boxing raggiungendo il grado di "cintura blu". Dopo delle brevi esperienze nel mondo del karate e del gong fu, ha iniziato a praticare Taiji Quan (太極拳tàijí quán).

Dopo alcuni anni di studio dello stile Yang (楊式yáng shì) ha scelto di studiare lo stile Chen (陳式chén shì).

Oggi studia, pratica e insegna il Taiji Quan stile Chen (陳式太極拳Chén shì tàijí quán), il Qi Gong (氣功Qì gōng) e il DaoYin (導引dǎoyǐn) nella propria scuola di arti marziali tradizionali cinesi Drago Azzurro.

Per comprendere meglio l'arte marziale del Taiji Quan (太極拳tàijí quán) si è dedicato allo studio della lingua cinese (mandarino tradizionale) e dell'arte della calligrafia.

Nel 2021 decide di dare vita alla rivista Spiralis Mirabilis, una rivista dedicata al Taiji Quan (太極拳tàijí quán), al Qi Gong (氣功Qì gōng) e alle arti marziali cinesi in generale, che fosse totalmente indipendente da qualsiasi scuola di arti marziali, con lo scopo di dare vita ad uno strumento di divulgazione della cultura delle arti marziali cinesi.

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一口氣。一套太極拳。一個世界。
Yī kǒuqì. Yī tào tàijí quán. Yīgè shìjiè.

—— 龍小五

Un solo respiro. Una sola sequenza di Taiji. Un solo mondo.
—— 龍小五

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